Brutta razza le BloggerS!

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“Qual è il tuo segreto?”
Il mio segreto. Fammi pensare. Non sono né un’aliena né tantomeno Wonderwoman. Non ho ancora un lavoro retribuito, ma ci sto lavorando sopra.
Ho duemila passioni, e ne cerco di mettere in pratica duemila ed uno. Così. Per non fermarmi mai e conoscere sempre cose nuove.

Ecco.
C’è chi invece, un lavoro ce l’ha e si prende la briga di prendere in giro quello di altri. Magari nuovo, mediatico, in via di evoluzione. Per paura? Per dispetto? Per incredibile necessità di dire per forza qualcosa?
Non sono una fashion blogger, non ho nulla che lo fa pensare. Dalla punta del capello allo shopping per bancarelle. Ho un blog dove ad occhio e croce ci sono due mie foto e punto tutto sullo scrivere. Cosa che faccio da sempre. Cosa che ho riportato dallo space di MSN.
Nessuno mi regala vestiti, serate e non sono diventata ricca per i quattro post che scrivo.

Leggere, però, certe cose su Vogue mi fa salire l’ulcera. E vi assicuro che un’ulcera, vista in imaging non è proprio tutto ‘sto bel vedere.
E neanche averla.

C’è chi lo fa per fortuna, chi per caso e chi per passione incontrastata.
C’è chi ha la preparazione ed i mezzi e chi no.
Chi lo fa per passatempo e chi invece ne fa il lavoro della vita. Come quella stronza di Chiara Ferragni. Che tanto criticata viene, quanto alla quarta copertina di Vogue è arrivata.

Ecco. Come tutte le professioni. Quelle “vere” ah. Perché i blogger mica pagano l’IVA o firmano contratti ed hanno scadenze. No no. Loro fanno gli aperitivi. E le serate.
E dietro gli aperitivi, io per prima, non credevo ci fosse così tanto.

E fatevi ‘na risata. E se non ci vanno bene UNFOLLOW THEM. Tanto, lo sapete, non lo farete mai.
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Via le mani dagli occhi, polle!

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La verità è che i maschi possono anche essere stronzi, ma tre quarti delle volte noi siamo così polle da non avere eguali.

Non ci chiama, non ha voluto. Non ha un’artrite alle dita che gli impedisce di usarle per poggiare su uno schermo e fare il nostro numero. Che tanto i selfie da deficiente in palestra li fa comunque, con tanto di hashtag #workouteveryday.

Non ci invita più a pranzo? No che non ha smesso di mangiare, magari non vuole più farlo in nostra compagnia.

Lei non ti dice più alcun segreto, confessione e non ti concede alcun caffè? Avrà trovato di meglio.

LORO CREDONO.

Quando ti apri al mille per mille. Quando decidi di fidarti e poi resti solo deluso. Quando pensi di aver trovato un fratello ed invece ti ritrovi con quattro sorrisi di circostanza e a volte manco quelli.

Quando dividi tutto con una persona e poi, da un giorno all’altro questa sparisce.

Quando pensi di aver trovato la sincerità e forse l’amore.

La delusione è il peggior sentimento. Restare delusi equivale ad aver sperato, creduto, desiderato qualcosa che invece alla fine non si è avverato.

Senza motivo. Senza spiegazioni. Senza vere cause. Almeno che tu sappia, s’intenda.

Quando chiedi spiegazioni, e non te ne arrivano.

Quando fai le scintille all’inizio.

Quando pensi che sia colpo di fulmine ed invece il fulmine ti finisce in testa e ti ammazza.

Quando sai che devi ricominciare, ma non sai minimamente da che punto partire. Quando non sai camminare, ed invece vorresti saper correre. Magari lontano. Magari dove nessuno ti conoscere, né sa chi sei o che nella tua vita precedenti eri al pari della gattara dei Simpson. O, chissà, una ballerina del Moulin Rouge. O una Mulan dei giorni nostri.

La verità è che forse a volte ci piace anche finire ad ascoltare Iris in preda alle lacrime ed al dolore. Forse non siamo in grado di prenderci tutto il bello senza chiederci come mai stia succedendo proprio a noi.

O forse abbiamo paura che questo finisca? Che si torni al “Mai una gioia everyday”?

Bisogna imparare ad ignorare completamente ed atteggiarsi da strafiga ogni santo momento. Far pendere tutti dalle nostre labbra, anche se non crediamo neanche noi possa essere possibile. Bisogna svegliarsi. Perché sì che siamo Donne, ma stupide chi l’ha detto mai? Abbiamo la capacità di fare più cose contemporaneamente, come se avessimo diecimila braccia alias dea Kālī.

Siamo in grado di avere doppie e triple vite, a lavoro ed a casa. Con figli a carico e carriere brillanti. Con mariti, fidanzati ed amici che non possono fare che ammirarci. Accontentarsi di qualcuno che nella vita può solo farci sentire un fulmine piccolo ed inutile, subito dimenticato, perché?

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…E se mi dice no?


“Ciao Mariangela, mi piace uno del mio gruppo. La verità è che pensavo inizialmente ricambiasse. I soliti segnali, hai capito. Quelli che guardiamo tutte. Ora invece non lo pensò più e non so se sarebbe giusto confessargli tutto. Che devo fare? E se non ricambia, io mi sono fatta film e rovino tutto?”
Cara mia, qui è una Bridget che ti parla. Una di quelle che ha sempre avuto più amici maschi che femmine. Una di quelle che si è vista fare fugaci dichiarazioni di amici infatuati di un qualcosa che alla fine non era poi chissà che cosa.

Ma ho visto anche amici sotto altri occhi. Ho visto uscite di gruppo che erano tutt’altro che normali. Ho ascoltato silenzi assordanti. Ho sorbito nuovi incontri e baci in discoteca. Ho avuto l’istinto di confessare, baciare, urlare. E non farlo. E sai una cosa? Non c’ho risolto un’emerita cippa.

Dì tutta la verità e nient’altro che la verità. Che forse in vita mia ho chiesto esplicitamente solo una volta con tanto di torcia del telefono a mo’ di interrogatorio da CSI.  

E sai che lì mi sono presa il “Ti amo” più bello, sentito, vero ed assoluto della mia vita? Quello che ti fa strabuzzare gli occhi e riesce a non farti emettere alcun suono perché tipo ti senti dentro un universo parallelo?

Parla. Grida. Urla. Sbraita. Fallo se senti che il tuo cuore sta scoppiando e le parole vogliono uscir fuori da sole. Non pensare, agisci. Non logorarti l’anima, falla volare.

Vada come vada, per quanto bella o brutta possa essere questa cavolo di verità, meglio saperla. Che tanto a prenderci in giro sono pure troppi, farlo anche noi stessi è da pazzi. Ed in questo caso la pazzia non è proprio tra le cose che ci fanno stare meglio.

In bocca al lupo, ed apri il cuore. Sempre. 

Lasciamo, se necessario

Lasciamo il sole, il mare e l’abbronzatura di settembre.

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Lasciamo anche gli aperitivi al Mida ed i brunch da Angelina. Lasciamo l’odore di stigghiola in Viale Regione ed i treni sempre in ritardo. Lasciamo gli autobus senza biglietto ed i tram che vengono travolti dalle auto.

Lasciamo i sorrisi gioisosi ed i caffè presi ogni due minuti che neanche la gastrite più potente può fermarci.

Lasciamo anche il Vespa ed i suoi mercoledì. Ed il policlinico e le “aule nuove” sempre aperte. Ed il foro in via Maqueda, con le sue luci anche a notte fonda e Falcone e Borsellino che padroneggiano lì su tutto il pergolato.

Lasciamo gli abbracci. I pranzi della domenica di famiglia con almeno venti invitati e dieci portate. Lasciamo gli amici ed i pigiama party mai abbandonati anche se la maggiore età si è superata da tempo. Lasciamo le campagne vaccinali ed il gay pride con spettacoli davanti le poste centrali. La Rinascente e le sue terrazze. Le bollicine, il Grillo e la pizza. La Magione.

Lasciamo gli occhi di chi ci ama e che, si spera, ci aspetterà. Lo giura e spergiura. Lasciamo le note vocali di whatsapp e le pietre in equilibrio sulla spiaggia. E le scritte fatte con una canna di legno trovata lì. Le foto dei tramonti, belle, sul mare. Le arancine, e non arancini.

Lasciamo Palermo, con il suo odore di fritto alle otto del mattino mischiato a quello delle caldarroste del marciapiede di fronte. Lasciamo la nostra cittadina e villa Palagonia con la Loren e D&G.Lasciamo Termini, Ficarra & Picone ed i grandi progetti che hanno per qui.

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Lasciamo Cefalù e le Calette. Il pane cunsato di Scopello e LaPineta di Patti. Lasciamo la “Domenica italiana” in spiaggia e le scarpe usate solo per rientrare in macchina e guidare. Lasciamo i baci salati, quelli belli ricchi d’amore che pensi di non poterne avere di più. Per un po’ magari. Lasciamo le amiche, quelle di una vita con cui è divertente anche stare in silenzio in una stanzetta buia. E le birre in spiaggia, di notte, con il silenzio attorno.Sferracavallo ed il pesce fresco a qualunque ora del giorno.

I negozi belli e via Libertà che ti fa sentire in una città di moda altolocata da Fashion Week. I libri al Giardino Inglese. Gli arcobaleni che finiscono su Monte Pellegrino. La camminata per la Santuzza. Lasciamo pane e panelle, crocchè e rascatura. La Vucciria e Ballarò. La salsa fresca della nonna ed il basilico in giardino. I limoni, che comprarli al supermercato è sacrilegio.

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Lasciamo la trinacria, il traffico ed i semafori lampeggianti. Lasciamo l’Amore e gli occhi scintillanti. Lasciamo i sorrisi più veri e prendiamo i singhiozzi.Lasciamo, se necessario, lasciamo.

Ma una cosa è certa. Un siciliano lascerà tante cose se necessario, ma non lascerà mai fuori dal cuore la sua Sicilia.

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#IOnascoconte: per chi non vuole appendere le ovaie al chiodo

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In un mondo in cui per far fare figli si ricorre a mezzucci da baraccone e slogan da supermercato. In un mondo che vede la beata patata un semplicebene comune”.

La patata è bene comune se e solo se riesce a mettere in piedi intere tribù con la sua forza e tenacia. Non se sforna o meno figli come fossero squadre di calcio.

Un giorno dedicato alla fertilità per convincere le povere italiane e produrre elementi in serie per ripopolare il povero stivale. Senza contare le cure pre e post-partum. Il vitto e l’alloggio da dare ai nascituri ed i problemi a lavoro perché tanto rimarresti sempre “quella incinta”.

“La bellezza non ha età”, un par di palle. Da Sophia Loren alle nostre nonne, ne avete mai trovata una brutta? Gli davano altro a che mangiare.

“La vera ansia di prestazione dell’uomo moderno non è sessuale, ma genitoriale”, ha scritto Diego De Silva nel suo ultimo romanzo.

Ecco appunto. Se da un lato, Italia ed italiani sembrano aver appeso le ovaie al chiodo, dall’altro lato ci sono persone con così tante meno possibilità, che sembra paranormale facciano davvero squadroni ad undici, senza difesa e senza remore.

L’unica cosa da partorire, per essere sinceri, sarebbe almeno un’idea di BUON SENSO. Come quella del CUAMM, che tramite social e post non troppo intelligenti ed astrusi, si riesce a fare del bene.

Morellato ha dato finalmente senso al suo slogan “gioelli da vivere”, lanciando una super-mega-iper-campagna in collaborazione con Medici con l’Africa Cuamm e sostenere il parto seguito da personale medico.

Partecipare è semplice, anche per i meno social al mondo. Noi qui abbiamo dei bellissimi smartphone, c’è già chi è così pazzo da aver prenotato l’ultimo figlio della Apple uscito, e chi invece smania per averlo. Comunque sia, tutti pubblichiamo stupide foto ogni giorno. Ed i signori Morellato se ne sono accorti.

Processed with Snapseed.

Come partecipare? Invia una tua foto con un breve testo su Twitter o Instagram in cui tieni un cartello con la scritta #IOnascoConTe. Ogni foto condivisa con hashtag #IOnascoConTe, Morellato donerà 1 euro a Medici con l’Africa Cuamm.  Con soli quaranta euro, che ormai neanche ti viene quasi più una maglia da Zara, puoi sostenere il costo di un parto in toto.

Lì si muore per molto poco, qui per fortuna hai la fortuna di essere salvato. Come la mia mamma e come me, quasi ventiquattro anni fa. Lì non esisterei né più io, né più lei. E così altre milioni di donne, mamme, cuccioli.

Lì si muore per poco, e per una volta che non serve sbracciarsi chissà quanto per AIUTARE, facciamolo. Facciamoci uno stupido #selfie ed  #IOnascoconte avrà sempre più seguaci. Diffondete il verbo, la parola e gli hashtag che conquisteranno il mondo.

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TheBlondeCurly, c’è posta per te

'Sex And The City: The Movie' film - 2008

Come quando smetti di credere in te stessa anche tu, ma sai che hai così tante cose da dire da scoppiare.

Mi è successa una cosa strana qualche tempo fa. Un’Amica ha visto in me qualcosa che voleva straripare. Volevo urlare al mondo la mia pseudo cultura da sfigata Bridget a tutti e regalare sorrisi e riflessioni dettate da una mente cinica e troppo spesso, inaspettatamente ed a modo suo, romantica. La storia di una Cenerella moderna che ha avuto un colpo di culo dopo anni di pene dell’inferno. Una che ha pagato lacrime e sudori per arrivare al suo sogno e ci sta ancora lavorando. Una che ha avuto solo fortuna magari.

Volevo che in me la gente trovasse una di quelle amiche stupide che ha la capacità di dire un’incredibile verità in faccia e sorridere subito dopo.
Volevo far innamorare. Anche con le cose più piccole. Un cane, il sole, una farfalla sul prato.
Volevo raccontare di me, delle mie cose, dei miei problemi mentali da pazza isterica di vent’anni (o giù di lì) e dare la sensazione di capire tutto il resto. Ed eccomi qui, dopo con una casella di posta ricca di messaggi, ricca di richieste di consigli che io, in vita mia, non pensavo potessi dare. Cioè sono incasinata di mio io, ho il cervello in pappa e gli occhi eternamente a cuore. Io il mondo lo vedo rosa davvero, ma per gli stronzi ho acquisito il radar.

Proprio per questo #theblondecurly, io me medesima, ha deciso di aprire una nuova categoria. Una di quelle private e che resteranno tali. Una di quelle che potrà solo arricchirmi e sentirmi quasi utile. Una di quelle che può e mi darà un grande spunto per ogni post. Cosa che già in silenzio fate.
Una di quelle che accetta tutto. Dagli screen di conversazioni a domande amletiche che magari spesso non si hanno il coraggio di fare a chi abbiamo di fronte.
Una di quelle che ha poco a che fare con il marketing di pagine e blog. Di visualizzazioni e pubblicità. Una di quelle dove alla base c’è la cosa al mondo più importante: il saper ascoltare.

Si accettano sfoghi, screen di whatsapp e domande scandalose. Soliloqui e monologhi e discorsi anche privi di senso…Tanto io ne sono la maestra fondatrice.
Si accetta anche uno “Ciao, sei una stronza antipatica” se questo può servire a liberare il petto da un peso.
Si accetta tutto. Come io ho accettato, abbracciato e rallegrato il mio cuore con il vostro immenso affetto. Anche quello di chi non sa neanche che faccia abbia magari.

Quindi vi aspetto. Anche se a fanculo volete mandarmi.

Grazie perché un sorriso io l’ho sempre, ma grazie a voi ne ho sempre uno in più.

 

Mail: theblondecurly@gmail.com

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Voglio l’Amore, ma niente di serio ah!

Si vivesse sempre di inizi, di eccitazioni di prima volta, sarebbe o non sarebbe un mondo più felice?

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Vogliamo l’Amore, ma senza impegno. Vogliamo la passione, ma senza coccole. Vogliamo promesse, senza una reale voglia di rispettarle. Vogliamo anniversari con regali, senza sacrifici dietro. Vogliamo le lettere, e ci ostiniamo invece tutti a mandare messaggi su whatsapp.
Pretendiamo la libertà, e non vogliamo darla. Sogniamo l’Amore e ci accontentiamo del primo che passa.
Diciamo di amare noi stessi e nel frattempo ci facciamo calpestare da chi si sente, grazie a noi, in diritto di farlo.
Combattiamo tanto per prenderci chi pensiamo di desiderare, che quando l’abbiamo già non lo vogliamo più.

Forse hanno ragione “i grandi”.
Ai tempi in cui gli smartphone erano sostituiti dalle cabine telefoniche, ai tempi in cui chiamavi a casa e pregavi rispondesse Lei e non l’ennesimo membro della famiglia a farti il terzo grado. I tempi in cui le foto su Instagram non facevano figo, e per conquistarla dovevi fare davvero i salti mortali. Che poi mica com’è ora. Dovevi andare a prendertela, anche se questo significava convertirti al cattolicesimo ed incontrarla nel coro della chiesa. O magari andare a mangiare ogni giorno il gelato, alla stessa ora dando ovviamente nell’occhio, pur di vederla da lontano mentre lei era con le nipotine e cuginette e fratelli a seguito.
L’amore era clandestino allora, non adesso. Ora che le relazioni si deducono come FBI dai likes di Facebook.
I flirt vengono segnati da frequenti screen nei gruppi di whatsapp, ed il trillo di MSN sembra già l’era preistorica.

Forse era meglio prima, o forse no.
Forse whatsapp e le sue spunte blu ci ha salvato il culo sul “visualizzo e non rispondo”. Perché chi ci ignora li, figurarsi fuori.
Forse Facebook ci fa essere davvero noi stessi, perché se sei uno stupido inetto si vede anche da ciò che pubblichi.

Forse dovremmo tutti fermarci un attimo. E capire.
Capire che per l’Amore ci vuole tempo, e non basta quello di uno stupido messaggio su Messenger. E magari neanche una lunga lettera come anni fa.

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Ci vogliono gli occhi, il sudore, le lacrime.
Ci vogliono sacrifici. Ci vuole capire davvero cosa significhi “insieme“.
Che sia per la vita o solo per un giorno.
Ci vuole mettere in chiaro tutto e non gettare via niente di bello, per paura o per chicchessia.

Ci vuole sacrificio, venirsi incontro. Abbassare la testa a random e volersi bene, prima di tutto noi stessi.
Bisogna amarsi, ed amare.
Rischiare e combattere.

Vogliamo tutto troppo in fretta ed invece bisognerebbe, a volte, solo aspettare.

Ecco. L’Amore è aspettare. Aspettarsi.
Avere la pazienza e gli occhi sbrilluccicanti.
Bisognare predicare bene e razzolare meglio.
Bisogna avere coraggio.
Bisognerebbe, spesso e volentieri, lasciarsi solo abbracciare.
Lo stesso che avevano quelli che cantando nel coro della chiesa sono riusciti a portarsi a casa l’Amore. Quello vero. Quello che resiste.
Quello che è un’eterna partita ed un immenso grande abbraccio al cuore.

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